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Apotheken Umschau

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"Panico di fronte al trapano"

Nell’edizione di luglio 2013 dell‘ApothekenUmschau trovate un articolo sull’odontofobia, nel quale il Dott. Leu e la sua ex-paziente Signora Herold raccontano la propria esperienza con la malattia.


Fobie Il solo pensiero del prossimo appuntamento dal dentista è per alcune persone orrore allo stato puro

Andrea Herold si è sentita per anni in prigione. “Già solo i rumori e gli odori di un ambulatorio erano per me l’inferno”, racconta la quarantasettenne di Lipsia. Ho evitato tutto quello che aveva a che vedere con il dentista, ero preda della mia stessa paura“. Per 23 anni non è andata dal dentista, i suoi denti nonostante li curasse bene erano in pessimo stato.

In Germania si stima che soffrano di odontofobia attorno a cinque milioni di adulti. Con questo non si intende la sensazione spiacevole che accompagna ognuno di noi alla vista della poltrona del dentista o al brusio del trapano. Le persone colpite non sono veramente in grado di andare dal dentista, a volte per anni interi.


Nessuna ragione di vergognarsi

Mettete in conto i dolori e il totale decadimento della vostra dentatura, e di conseguenza la perdita drammatica della qualità di vita. Per la vergogna non vi azzardate quasi più a ridere o ad aprire bocca. Eppure la vostra paura non viene presa sul serio. “Per colpa dell’odontofobia non si deve vergognare nessuno” sottolinea il dentista Dott. Michael Leu, presidente della Società Tedesca per l’Odontofobia. “Questa colpisce anche chi pratica sport estremi, sciatori e dirigenti.”

Chi raccoglie tutto il suo coraggio finisce spesso per vivere un fiasco. “Per i pazienti fobicii giorni prima di un appuntamento dal dentista sono una catastrofe emozionale”, Andrea Herold descrive la propria esperienza. Molti ce la fanno a reprimere la propria paura inizialmente. Eppure basta una parola sbagliata, una reazione inaspettata del dentista, e la facciata faticosamente costruita ricade su se stessa: il paziente cade in preda a un attacco di panico con tachicardia, tremori, sudore e voltastomaco. “Anche una semplice visita del cavo orale può oltrepassare i limiti di sopportazione”, dice la Signora Herold.

Dal momento che nella formazione odontoiatrica non è trasmessa alcuna nozione di psicosomatica, i dentisti si sentono spesso presi alla sprovvista da queste violente reazioni. Così si perde velocemente il controllo della situazione. Il paziente scappa dall’ambulatorio ed evita la situazione per molti altri anni. “Noi dentisti siamo in linea di principio degli artigiani”, spiega il Dott. Leu. “Solo pochi hanno il fiuto per capire cosa sta succedendo al paziente, e dosano le parole in modo da calmare le reazioni corporee.”

Dal 1997 l’odontofobia è riconosciuta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità come malattia psicosomatica. Le sue origini non sono ancora del tutto note. Molti soggetti colpiti hanno avuto da piccoli delle brutte esperienze dal dentista. Si parla anche di cause genetiche: esperienze traumatiche durante l’infanzia portano determinate persone a sviluppare un’iperattività dei ricettori dello stress nel cervello.

Affinché i pazienti particolarmente ansiosi possano rilassarsi durante il trattamento, i medici escogitano diversi metodi, dall’approccio empatico agli esercizi di rilassamento attraverso l’ipnosi e l’agopuntura fino ad arrivare a tranquillizzanti e anestetici.


Senza la fiducia non funziona

Eppure per poter trarre vantaggio di queste molteplici possibilità gli odontofobici devono superare alcuni ostacoli. “Per molti è già un grosso passo avanti il fatto di informarsi sulle esistenti possibilità”, spiega Andrea Herold, che in prima persona presta consulenza ai pazienti. “Alcuni hanno bisogno di anni prima di fidarsi a chiamare il nostro ufficio di consulenza.” Attraverso molti colloqui ella stessa cerca di ricostruire passo dopo passo un rapporto di fiducia.

Solo allora i pazienti si sentono in grado di prendere appuntamento in un ambulatorio dentistico. Al primo colloquio è necessaria molta sensibilità. “Il paziente ha bisogno della sensazione di essere rispettato e preso sul serio”, sottolinea il Dott. Leu, il quale ha costituito una rete di dentisti e anestesisti specializzati in odontofobia.

Quando i denti sono in condizioni particolarmente critiche, il Dott. Leu consiglia un risanamento sotto anestesia generale. “Grazie ad anestetici ad alta tollerabilità oggi sono possibili interventi fino a sette ore, di modo da permettere il completo risanamento della dentatura”, spiega poi. L’enorme angoscia dei pazienti giustifica il minimo rischio dell’anestesia generale. Da una a due settimane dopo il medico toglie i provvisori, i punti, lucida le otturazioni e inserisce la protesi. “In linea di massima non è più necessaria alcuna anestesia generale”, sottolinea il Dott. Leu. “La paura dei pazienti si riduce a livelli tollerabili, e la maggior parte è in grado di tornare in seguito dal dentista.”

Meno invasiva dell’anestesia generale è la sedazione tramite inalazione di gas esilarante: attraverso una maschera nasale, i pazienti inspirano un miscuglio di ossigeno e gas esilarante. “Il dosaggio si regola individualmente e più facilmente che con gli anestetici tradizionali”, spiega il Prof. Jörg Weimann, primario del reparto di Anestesia e di Medicina Intensiva all’ospedale Sankt-Gertrauden di Berlino.


Il paziente rimane in grado di parlare

Il paziente è rilassato e non ha paura, ma rimane in grado di parlare in ogni momento. Si reprime anche il riflesso del vomito. “Per eliminare il dolore, si combina nella maggior parte dei casi il gas esilarante con un anestetico locale”, spiega il Dott. Weimann. “Al contrario dell’anestesia generale il gas esilarante può essere somministrato da un dentista appositamente addestrato.”

Anche con l’ipnosi si ottengono buoni risultati: “Il nostro scopo è di rendere i pazienti trattabili in modo duraturo”, dice il Prof. Stephan Eitner, Capo Medico Superiore della Clinica Universitaria di Erlangen e Presidente della Società Tedesca di Ipnosi e di Terapia Ipnotica. “Già dopo poche sedute la maggior parte dei pazienti può sedersi sulla poltrona del dentista senza ipnosi.”

Mentre il paziente si concentra intensamente su un oggetto, lascia da parte altri pensieri e si ritira nel suo proprio mondo. “Io parlo con un tono lento e profondo e faccio attenzione al ritmo del mio respiro”, spiega il Dott. Eitner. Il paziente raggiunge uno stato profondamente rilassato tra la veglia e il sonno. Polso e respiro rallentano, si perde il senso del tempo. Anche il vomito e il dolore diventano controllabili.

Il paziente tuttavia deve dare il proprio consenso all’ipnosi: “Nessuno può esser ipnotizzato control la propria volontà”, sottolinea il Dott. Eitner. Nel colloquio preliminare egli cerca di conquistare la fiducia del paziente. “Molti non hanno nemmeno più bisogno di ipnosi, bensì se la cavano con semplici esercizi di rilassamento.” La procedura non è adatta a tutti: “Non posso controllare cosa viene a galla del subconscio durante l’ipnosi”, afferma il Dott. Eitner. “Noi dentisti dobbiamo percio’ tenere le mani alla larga da pazienti affetti da disturbi psichici.” Per il Dott. Eitner l’ipnosi ha senso se abbinato ad altri procedimenti. “Soprattutto risanamenti chirurgici di grande portata sono spesso possibili solo in anestesia generale”, ammette. “Tuttavia con l’ipnosi si riesce a togliere ai pazienti la paura dell’anestesia generale.”

Per tornare a ridere comunque i pazienti odontofobici devono poterselo anche permettere: la mutua non paga né l’ipnosi né la sedazione con gas esilarante e nemmeno l’anestesia generale. A questo bisogna aggiungere spesso ingenti costi di trattamento. Per non ricevere delle brutte sorprese i diretti interessati dovrebbero informarsi nel dettaglio con quali costi hanno a che fare.

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